Che pena… la morte!

primoleviIl sudore gli imperlava la fronte. Le lacrime sgorgavano dai suoi occhi. Il cuore non voleva saperne di avere un ritmo regolare. Se ne stava lì, seduto, aspettando, sperando, immaginando. Che cosa sarebbe successo se fosse andato sul patibolo? Cosa ne sarebbe stato di suo figlio? E di sua moglie? Poi il giudice emise la sua sentenza: c’erano abbastanza prove. Pena prevista: fucilazione. La sua vita finiva lì. Mentre lo trascinavano via gli apparve l’immagine del bimbo che giocava in giardino. Poi uno sparo. Poi più niente.

Questa potrebbe essere una delle tante scene che si svolgono in uno dei tanti tribunali del nostro pianeta Terra. Le pene di morte sono tristemente varie: si va dalla decapitazione in Arabia Saudita e Iraq, all’impiccagione in Egitto, Giappone, Giordania, Iran, Pakistan e Singapore, alla fucilazione in Bielorussia, Cina, Somalia, Taiwan, Uzbekistan e Vietnam. In Cina, Filippine, Guatemala, Thailandia e USA si utilizza l’iniezione letale, in Afganistan e Iran la lapidazione e solo negli USA la sedia elettrica. Vi piacerebbe sentire un proiettile che vi trafigge, i sassi che a poco a poco vi distruggono o un nodo che si stringe attorno al vostro collo? A me no. Ed è proprio per questo motivo che adesso sto scrivendo queste parole. Se Cesare Beccaria è riuscito, nel lontano 1700, a capire che uccidere un uomo anche se in nome della legge non è giusto, è mai possibile che nel XXI secolo queste pratiche continuino? Pratiche che passano in sordina, mai denunciate apertamente dai media.

All’epoca dell’Illuminismo è stata la disperazione per le troppe guerre a far dire: basta! Basta ad altre vite che vengono tolte ingiustamente, basta ad altri cuori che cessano di battere.

Adesso sono i numeri: solo in Asia 5782 condanne in un anno, in Iran almeno 355, tra cui 7 minori. Della Cina (che rappresenta l’85,4% del totale) non si sanno nemmeno le cifre esatte, dato che il governo le tiene nascoste.

Le argomentazioni sono sempre le stesse. In fondo anche voi sapete cosa è giusto e cosa no, solo un cuore accecato dall’odio e dalla brama di potere può percorrere questa strada senza rimorsi. Magari quell’uomo il giorno prima giocava con suo figlio. Magari quel ragazzo ieri scambiava le figurine con i suoi amici. Magari quella donna faceva la spesa come tutte le persone normali. Magari non sono nemmeno stati loro. Magari la polizia ha preso un abbaglio. Magari li hanno incastrati.

O forse sono davvero degli assassini, forse sono davvero dei mostri. Se non sbaglio, però, sono anche esseri umani. Persone con sentimenti, probabilmente corrotti dal male, cui però possiamo ancora concedere una seconda possibilità.

O semplicemente sono esseri umani con pari dignità rispetto a noi. Con i nostri medesimi diritti. Hanno un cervello che funziona, dei polmoni che incamerano aria e un cuore che batte. Perché attribuirsi il diritto di sopprimere un nostro simile? Non è giusto maltrattare un animale, figuriamoci assassinare un uomo. Sì, perché a questo punto si parla di assassinio. Se lo stato con le sue leggi vieta ai cittadini di uccidere qualcuno, perché dovrebbe farlo proprio lui?!

Lascio a voi la scelta, potete decidere voi la conclusione. L’articolo finisce qui, nel mondo le esecuzioni continuano. Volete davvero tutto questo?

Articolo scritto da Bordignon Eleonora e Lucchesi Silvia

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