L’immigrazione: un valore aggiunto

Hisilicon Balong

Il 10 Ottobre scorso, tra i 18 “eroi nascosti” premiati dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per motivi umanitari  vi era anche un profugo  che, pur non avendo un permesso di soggiorno e rischiando quindi l’espulsione dall’Italia, si è tuffato nel fiume Tevere per salvare la vita a una donna caduta in acqua. Il migrante ha poi ricevuto dal Questore di Roma un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Forse questo episodio edificante ha fatto dimenticare per un attimo che la parola immigrazione oggi in Italia è legata a scenari inquietanti: la percezione dello straniero risulta infatti fondamentalmente legata alle  preoccupazioni dell’immigrazione clandestina, ai barconi che continuamente arrivano, con il loro carico di tragedie  e problemi .

L’impatto sull’opinione pubblica ha come conseguenza pesanti stereotipi: si pensa comunemente che gli stranieri rubino il lavoro agli italiani, trascurando il fatto che  in realtà l’occupazione straniera si concentra in pochi settori scarsamente qualificati e diversi rispetto a quelli in cui lavorano i nostri concittadini. La diversità delle professioni esercitate è un dato che si riflette anche sullo stipendio: un extracomunitario infatti, dicono le statistiche, per avere la stessa retribuzione di un italiano dovrebbe lavorare in media ottanta giorni in più all’anno. Altro stereotipo comune è quello che sostiene che l’immigrazione è solo un costo per l’Italia: recentemente la fondazione Leone Moressa ha compiuto uno studio che calcola, tra molti altri dati, la differenza tra tasse pagate dagli immigrati e spesa pubblica per l’immigrazione, dimostrando che il saldo risulta positivo di 3,9 miliardi di euro.

Questi dati non lasciano dubbi: gli extracomunitari non costituiscono un costo,  bensì un guadagno per il popolo italiano; i lavoratori stranieri producono 123 miliardi di euro di PIL, i quali rappresentano l’8,8% della ricchezza italiana.

L’ imprenditoria straniera, solitamente connotata nell’immaginario collettivo da episodi di sfruttamento di manodopera o da una presunta “concorrenza sleale” che aggrava la crisi delle imprese autoctone, è in realtà  fatta di quasi 500 mila imprese in Italia e 85 miliardi di euro annui di valore aggiunto. Essa dunque rappresenta un’opportunità di crescita economica, culturale e sociale che genera interazioni e sinergie anziché competizione tra italiani e stranieri. La stessa commissione Europea, nel Piano d’Azione Imprenditorialità 2020, ha attribuito agli imprenditori migranti un ruolo importante per il rilancio dell’Unione e del suo sistema economico-produttivo, riconoscendo e sottolineando, per la prima volta, l’importanza del loro contributo all’imprenditorialità del continente. In Italia gli imprenditori stranieri sono oltre 600 mila (il 7,8% degli imprenditori totali), principalmente collocati al Nord, ovvero nelle regioni più industrializzate e ricche, con un numero maggiore di stranieri residenti.  Le 500 mila imprese condotte da stranieri presenti nel territorio contribuiscono, con 85 miliardi di € alla creazione del 6,1% del Valore Aggiunto nazionale. La  possibilità di costruire “ponti” con i paesi d’origine e attrarre nuovi investimenti rappresenta un ulteriore fattore positivo per le economie dei paesi ospitanti. Fondamentale in questo senso può essere la  scuola, che vive direttamente il fenomeno: l’aumento del numero di immigrati residenti (oggi 5 milioni e 73 mila, l’8,3% della popolazione totale) e dunque dei numeri di studenti stranieri nelle scuole (il 9% del totale nell’anno scolastico 2013/2014, 2,1% in più rispetto all’anno precedente) ha portato gli Istituti di ogni grado ad attivarsi nel compiere  progetti mirati all’integrazione degli extracomunitari che cercano di far crescere nel bambino e nell’adolescente valori di uguaglianza e rispetto delle diversità.

Articolo scritto da Simona Di Murro e Alessia Farigliani

Stile: 8
Originalità: 7
Messaggio positivo: 8
Cogitabilità: 7

Commenti
Back to Top