Il viaggio, dentro e fuori di me

cityEd eccomi di nuovo pronto per un altro viaggio. Siamo alle solite, sveglia presto e via verso Padova per fare un controllo generale sul mio stato di salute…

L’idea di stare tante ore in macchina non mi rende particolarmente felice perché avverto una strana sensazione di chiusura. A parte qualche breve sosta, siamo sempre in viaggio ed io non posso fare altro che inventarmi qualcosa per far scorrere velocemente il tempo. Chiacchiero un po’ con i miei genitori, messaggio, ogni tanto mi appisolo, ma ogni volta che guardo l’orologio le lancette si sono spostate solo di qualche minuto…e allora cosa fare per non impazzire? Metto le cuffie, mi perdo nei miei pensieri e guardando il cielo da quel piccolo finestrino mi chiedo perché Dio abbia deciso di dare proprio a me questi problemi e, anche se non riesco a comprenderne il motivo, credo che tutto ha una spiegazione e che le cose non succedono mai per caso.

Ritorno indietro nel tempo a quando ero piccolo e nonostante l’amore ricevuto dalla mia famiglia penso a quanto sia stato difficile arrivare a questi 17 anni. Il mio percorso di vita non è paragonabile a quello degli altri perché è stato molto tortuoso e faticoso, e nonostante ciò non smetterò mai di ringraziare Dio perché sono consapevole della grossa fortuna che ho avuto considerando che ci sono persone che stanno peggio di me. Io ho iniziato a camminare tardi, coloravo male perché non riuscivo a tenere in mano i pastelli, mi ammalavo spesso ed ero costretto a fare lunghi periodi di assenza da scuola. Ho sempre fatto tantissima terapia e, infine, come poter dimenticare tutti gli interventi? Insomma è stato difficile crescere, ma pazienza io sono fiero di me perché nonostante tutto quello che ho subito sono riuscito a sviluppare un’enorme sensibilità verso le problematiche degli altri…Ad un tratto la mia mente viene distratta dal rumore di una sirena, ed eccoci arrivati all’ospedale;senza neanche rendermene conto il tempo era volato…Le pareti bianche del prospetto dell’ospedale solitamente ci fanno pensare ad un luogo freddo e triste e invece per me quel posto è familiare. Ormai dopo anni lo conosco bene. Arrivo in reparto e come spesso accade prima di una visita bisogna attendere; seduto su di una scomoda sedia di plastica non posso fare a meno di osservare un bambino di pochi mesi che attende in braccio alla sua mamma di essere visitato…Mi ha fatto tantissima tenerezza e come lui tutti gli altri bambini costretti a stare ricoverati. È incredibile come questi piccolini riescano nonostante le loro problematiche ad essere felici e a sorridere alla vita. In quel momento penso a quanto siano superficiali i ragazzi di oggi, che si abbattono perché hanno litigato con i fidanzati o fidanzate, oppure perché i genitori non hanno realizzato un desiderio banale e inutile. Forse dovremmo tutti  fare una passeggiata in questa corsia di pediatria per capire cosa sono le cose che contano veramente.

Terminata la visita si torna a casa. La nota positiva del mio viaggio è stata la riflessione che mi ha permesso di non pensare al lungo tragitto e che mi ha regalato un po’ di pace interiore.

Articolo scritto da Daniele Lanzilao

Stile: 3
Originalità: 3
Messaggio positivo: 3
Cogitabilità: 3

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