La bambina che disegno’ Dio

TR10_febbraio_02Una volta una bambina disegnò Dio. La maestra sbigottita le disse: “Nessuno sa quale forma ha Dio”. E allora la bambina rispose: “Una volta che avrò finito il disegno lo scoprirà.”

I bambini, si sa, sono i più grandi inventori. Pozzi profondi di fantasia, ideano mondi fantastici che brillano d’ingegnosità.

“La creatività è in ciascuno di noi. Per meglio dire era in ciascuno di noi, quando eravamo piccoli”. (Harold Anderson) Nei bambini la creatività è un elemento universale. Fra gli adulti è pressoché inesistente. Il grande problema è riuscire a sapere che cos’è accaduto di quest’immensa, universale risorsa umana.

Molti studiosi, quali per esempio l’americano Kenneth Robinson, consigliere internazionale sull’educazione per i governi e le istituzioni no-profit, individuano la scuola come parte del problema.

Organizzate secondo una disposizione gerarchica, le materie previste dal sistema scolastico tradizionale non includono quasi mai tra i primi posti della piramide le discipline extraverbali ossia tutte quelle attività che forniscono possibilità di espressione e movimento come il disegno, la danza, la ginnastica e la musica.

Per trovare un esempio non occorre percorrere tanta strada. In Italia, tra il 2009 e il 2010, la riforma Gelmini, attualmente ancora in corso, ha abolito l’insegnamento del disegno e della storia dell’arte dai bienni dei licei classici, linguistici e sportivi, limitando ai soli trienni la conoscenza di Giotto, Raffaello, Michelangelo e … La stessa riforma ha decretato anche la riduzione delle discipline artistiche nei licei artistici stessi che ha comportato una progressiva perdita dei saperi dell’artigianato, vale a dire, di tutte quelle attività applicate come il design, la moda e la grafica, da sempre nutrimento del Made in Italy, conosciuto e stimato in tutto il mondo.

Un’altra falla riconosciuta nel sistema scolastico è la metodologia d’insegnamento. Fin dalla prima esperienza dietro ai banchi ai bambini viene insegnato a commettere meno errori possibili e ad acquisire sempre più nozioni, ma in questo modo non si stimola abbastanza la creazione di pensieri divergenti, quelle idee che vengono formulate attraverso l’utilizzo della fantasia. A lungo andare la paura sempre più pressante di incappare nell’ errore, e quindi di non ottenere buone valutazioni, affievolisce la volontà di proporre qualcosa di nuovo, puro frutto della propria mente. Lentamente la scuola allena il cervello attraverso attività mnemoniche e di apprendimento e fa sì che piano piano il corpo diventi solamente il suo mezzo di trasporto. In altre parole la mentalità accademica che troneggia nella società attuale esalta il sapere dato. La lacuna che si individua nella scuola italiana è, perciò, la diseducazione all’inventiva, vista come capacità di riscoprire non solo le potenzialità della mente ma anche del corpo e della manualità, ma soprattutto dell’errore creativo, il punto d’inizio della riscoperta del “genio” che c’è in ognuno di noi.

Ciò di cui abbiamo bisogno sono menti nuove che ricreino il mondo e lo rinnovino, solo così potrà esserci vero progresso. L’ambiente per vocazione adatto a tale sfida non può che essere la scuola ben organizzata. Quando i bambini iniziano a crescere, viene loro detto che tutte quelle professioni sognate da piccolini, quelle che li facevano sentire dei supereroi – cantanti, piloti, attori, modelle, musicisti, inventori, calciatori – non portano ad una fonte certa di lavoro. Diceva Terry Pratchett “Ciò che ogni vero artista vuole davvero è essere pagato”… “e tu non lo sarai, se non sei abbastanza bravo”, aggiungono i genitori in carriera. “Ogni bambino nasce artista, il problema è poi come rimanere artisti quando si cresce” diceva Picasso. Li incoraggiamo a provare?

Articolo scritto da Martina Padoan

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