La nostra guerra
La recente tragedia di Parigi ha lasciato sgomento il mondo e riempito i nostri occhi di un orrore inconcepibile: innocenti vittime di una crudeltà disumana, straziate dai kalashnikov che le hanno sorprese in luoghi e momenti insospettabili, dilaniando insieme ai loro corpi la nostra sicurezza e quella dell’intero Occidente. Ma già sapete tutto: poche ore dopo l’accaduto, le bacheche dei social iniziavano a brulicare di bandiere francesi, di accese discussioni e di parole vuote o, peggio, ignoranti e cariche d’odio . Quello scenario mi ha stordito: profili facebook con foto tricolore, voci che accusavano i profughi, che gridavano contro l’islam e tutti i musulmani, che incitavano ai bombardamenti, il tutto nella confusione e nella frenesia generale. In quel momento mi sono vergognata molto della nostra società. Perché ci comportiamo così? Non ci viene istintivo interrogarci prima di parlare? Abbiamo forse paura di sentirci terribilmente ignoranti? Lo siamo, per scelta altrui oltretutto: << Questa è una guerra seguita da centinaia di giornalisti, una guerra a cui sono certo dedicate più carta stampa e più ore televisive di qualsiasi altra guerra precedente, eppure è una guerra che gli Stati Uniti con grande determinazione riescono a mantenere invisibile e di cui non faranno mai sapere l’intera verità >> scriveva nel 2001 Tiziano Terzani. Fatti come quelli di Parigi dovrebbero dare vita a una ribellione interiore in ciascuno di noi che ci spinga alla ricerca di informazioni non inquinate da media e politica, che ci permettano una conoscenza critica di ciò che ci circonda. Perché tutto questo non succede? Non ci interessa forse il mondo in cui viviamo? Perché gli italiani non si attivano contro questa guerra? Sarebbe confortante vederli scendere in piazza a protestare dato che, anche grazie all’Italia, l’ISIS riceve le armi per questa lotta insensata, per una guerra che, come Stato, stiamo pure appoggiando: mi sembra invece che preferiscano scagliarsi contro un colpevole generico: chiudiamo le frontiere ai profughi, sono tutti terroristi; seguiamo Marie Le Pen, rievochiamo le profezie della Fallacci , bombardiamo la Siria, dichiariamo guerra ai terroristi; facciamoli saltare in aria insieme ai bambini, alle donne, alle case, alle strade, ai luoghi sacri, di quei paesi “pericolosi”! Certo è più facile muoversi in una realtà fatta di buoni e cattivi, come nelle favole; è più comodo accontentarsi di una verità preconfezionata. Io, come tanti tantissimi della mia generazione, dico no a questa via facile , dico che è indispensabile spendersi per conoscere e capire che la nostra civiltà è una delle tante, dico che accanto ai deliri della Fallaci occorre mettere la saggezza di Terzani. Su Facebook circolavano insieme a inni di vendetta anche “Le 10 strategie della manipolazione mediatica” di N. Chomsky che dimostrano come nella nostra società tutto sia programmato, studiato per renderci praticamente impossibile sporgerci oltre le mura che ci si stanno costruendo attorno, che ci hanno reso egoisti, arroganti, ambiziosi, consumisti e soprattutto ciechi al mondo che ci circonda, incapaci di capire che “siamo tutti uguali” non è quel dogma di buonismo che non è mai stato rispettato dall’umanità, ma è avere coscienza che la nostra società non è quella giusta da imporre agli altri, che le culture diverse sono un mezzo per imparare. Prendiamo in mano libri che ci portino in paesi a noi sconosciuti e magari a cui noi siamo sconosciuti, impariamo le lingue, conosciamo i popoli e diventiamo parte di loro per comprendere che siamo tutti uomini: questa è la nostra guerra!
Articolo scritto da Alessia Farigliani
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