Un “semplice” romanzo di pesca

TR05_febbraio_1Un vecchio pescatore non riesce a prendere pesci da vendere, così, forse preso dalla disperazione, decide di partire con la sua umile barca per il Mare dei Caraibi e tornare solo dopo aver catturato almeno un pesce.
È questa la storia raccontata da Ernest Hemingway in Il vecchio e il mare.

Hemingway nasce nel 1899 a Oak Pak, in Illinois, USA, e da subito sviluppa la passione per la caccia e la pesca. Lavora come scrittore e giornalista e vive entrambe le guerre mondiali. Nel 1954 vince il Premio Nobel per la letteratura, ma quell’immagine di un Hemingway anziano ma ancora forte e coraggioso sembra non stargli più bene addosso. Nasce il lui il terrore della fragilità umana e della morte, che è inevitabile, e gli anni di guerra vissuti lo portano a un pessimismo sempre maggiore, alla depressione e infine, nel 1961, al suicidio.

Nei suoi romanzi Hemingway non parla solo di semplici storie inventate, ma tra le righe si leggono le sue passioni e soprattutto le sue paure: infatti queste parlano di caccia, pesca o guerra e tutte hanno sempre per protagonista la morte. Naturalmente queste caratteristiche sono ben visibili in Il vecchio e il mare dove ogni parola assume un duplice significato, uno in funzione della storia e un altro nascosto, più profondo.

Santiago, il protagonista del romanzo, è un uomo anziano che vive da solo, ma i suoi occhi sono ancora vivi e vivaci. La sua unica compagnia è Manolo, un ragazzo che spesso gli fa visita. Dopo essere partito alla ricerca di pesce da prendere, in mare aperto, Santiago riesce finalmente a pescare qualcosa. È un Marlin. All’istante nel pescatore nasce il desiderio di trionfare, di vincere, facendo vedere agli altri cosa è riuscito ad ottenere solo con le sue forze. Senza nemmeno rendersene conto, Santiago stringe una sorta di amicizia con il pesce, prenderà da lui la forza di sconfiggere il mare e tornare vittorioso a casa.
Il mare, qui, è più di un paesaggio entro il quale si svolge la vicenda; è invece un elemento che non può essere compreso a pieno nemmeno da un esperto pescatore come Santiago a causa della sua imprevedibilità.

La vera storia che narra Hemingway nel suo romanzo non è l’avventura di un vecchio pescatore e di un Marlin che vuole portare a casa, parla invece della vita di Santiago come uomo, un uomo consapevole del fatto che non riuscirà mai realmente a trionfare, ma che sa che la vittoria non è rappresentata dal punto di arrivo quanto dallo sforzo compiuto per riuscire a vincere anche nella sconfitta.
E queste vicende, che sono frutto della fantasia, rappresentano anche la condizione dell’uomo contemporaneo, che cerca di seguire un sogno spesso irraggiungibile, e che, anche senza arrivare alla “meta”, raggiunge degli obiettivi più piccoli, ma che danno grandi soddisfazioni, determinando anche delle piccole vittorie nella sconfitta di un sogno che non può essere raggiunto.

Hemingway credeva che nel mondo non esiste la libertà, a partire dalla certezza della morte, ma chissà, forse è proprio per questo che nei suoi romanzi è possibile «vedere» (come dice Fernanda Pivano, scrittrice, giornalista e amica di Ernest Hemingway) la libertà nel profumo del mare, la barca che viaggia e oscilla, i dialoghi di Santiago.

Articolo scritto da Ludovica Straccia

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