Vento divino e sangue sprecato

TR14_Dicembre_2Con il termine ‘kamikaze’, ai giorni nostri, vengono identificate tutte quelle persone che, in nome di una causa da cui sono completamente alienate, utilizzano il suicidio come mezzo per poter danneggiare il nemico.

In realtà, questo termine, dal giapponese ‘vento divino’, in origine si riferiva a quei piloti nipponici che, nella seconda guerra mondiale, facevano esplodere sè stessi, e di conseguenza il loro aereo, sugli obbiettivi militari, principalmente statunitensi.

All’epoca questo fenomeno era diffusissimo in Giappone, addirittura alcune testimonianze raccontano di moltissimi giovani che, dopo aver terminato gli studi, desideravano entrare nell’ aviazione proprio allo scopo di diventare dei ‘kamikaze’. Ma perchè questi ragazzi nel pieno della loro vitalità, nel periodo più bello della loro vita volevano sacrificarsi per uccidere altri come loro? Perchè volevano immolarsi per uno scopo così barbaro e pieno di odio?

La risposta principale è una, e valeva ieri esattamente come vale oggi: l’orgoglio e l’onore che essi provano nel sacrificare tutto per la riuscita di una causa comune.

Tuttavia, anche se la risposta sembra immediata, per lo sviluppo di tutti i fenomeni così radicali e spaventosi ci devono essere delle condizioni nella società e nell’ambiente in cui essi nascono.

Innanzitutto deve esserci una profonda crisi nella società, non ha caso il numero degli attacchi sucidi sale drasticamente durante guerre di ogni sorta.

Ne è un esempio recente il conflitto arabo-israeliano in cui il numero degli ‘shahid’, corrispondente arabo di ‘kamikaze’, è più che duplicato dal periodo in cui la cosiddetta ‘intifada’ palestinese, una sorta di guerriglia messa in atto dai Palestinesi dal 1987, ha cominciato a mietere vittime tra i loro vicini israeliani; in particolare, questa guerriglia è celebre per la diffusissima presenza di kamikaze-bambini, utilizzati perchè più facili da manipolare psicologicamente e perchè durante gli attacchi passano maggiormente inosservati e risultano insospettabili rispetto invece agli adulti.

Inoltre, lo sviluppo di questo fenomeno, può avvenire quando a capo di  una certa nazione ci sono governi di stampo totalitario o non adatti alla società di cui sono i sovrintendenti, per questo, alcuni strati della popolazione decidono di attuare una ribellione che può arrivare a coinvolgere anche modalità estreme, come gli attacchi suicidi.

Si può prendere l’esempio emblematico dell’Afghanistan, di cui sentiamo ancora parlare ogni giorno, che durante il periodo di  occupazione statunitense ha sfornato centinaia di  ‘shahid’, soprattutto tra le fila dei talebani, mandati a mietere in un primo momento solo vittime scelte tra i membri del governo occupante e poi anche vittime della loro stessa nazione che si trovavano al momento sbagliato nel posto sbagliato, come si suol dire.

L’ingrediente essenziale per convincere queste persone, specialmente giovani, a commettere atti così estremi è la persuasione e l’ascendente che vengono esercitati su di loro da coloro che ottengono guadagni grazie alle loro morti. Vengono riempiti di belli ideali così effimeri, quali: l’onore, l’orgoglio e la gloria di cui verranno ricoperti loro e le loro famiglie, da persone che non hanno il minimo interesse in questi principi, ma che li sfruttano solamente per la loro malleabilità e utilità pratica nel raggiungimento di uno scopo egoistico, che spesso, viene mascherato da riscatto o salvezza della comunità.

Quanto sangue sprecato, sangue di giovani ingenui a cui vendono favole di virtù e valore anche negli atti più barbari e sconsiderati che un umano possa commettere. Uccidere gli altri uccidendo sè stessi, per far sì che il bene trionfi: non un accenno di coscienza, non una parvenza di lucidità.

Articolo scritto da Sara Scotti

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