“Buona moglie, madre saggia”: La donna in Giappone, fra tradizione e innovazione

TR14_Novembre_3La condizione femminile all’interno del Giappone è tradizionalmente impostata secondo canoni che possono essere riassunti nel proverbio “buona moglie, madre saggia” (良妻賢母). La donna, infatti, è tenuta a svolgere un ruolo principalmente casalingo e al servizio dell’intera famiglia, lasciando all’uomo mansioni che concernono il modo del lavoro e quello della competizione sociale, tipica di tutte le comunità nipponiche. Per questo la storia della condizione della donna giapponese è stata molto travagliata e multiforme.

Agli albori della cultura giapponese le donne avevano il diritto di ascesa al trono, infatti si ha testimonianza della presenza di imperatrici, con doveri e diritti pari a quelli maschili. Ben diversa, invece, la situazione femminile a partire dalla metà del 1800 in cui le donne cominciarono a perdere le loro libertà con l’inizio dell’industrializzazione, della relativa richiesta di forza lavoro nelle fabbriche e ad una maggiore penetrazione della fede buddista, che, rispetto a quella shintoista, affermata maggiormente in tempi remoti, sancisce una maggior pregnanza dei ruoli maschili rispetto a quelli femminili. Nonostante questa graduale perdita di diritti, il periodo più oscuro per le donne nipponiche si verificherà circa cento anni dopo, durante e successivamente alla 2° guerra mondiale. Durante la guerra, appunto, iniziò a prendere piede il fenomeno delle ‘comfort women’: giovani donne che, durante le campagne di occupazione giapponesi, venivano reclutate dalla patria con la promessa di un lavoro ben pagato e dignitoso al fronte,  ma poi sfruttate per favori sessuali affinché venisse ridotto il numero di stupri delle donne locali, che mettevano in cattiva luce i soldati dell’ armata nipponica.

Questo vergognoso capitolo di storia, perdurato per tutta la durata della 2° guerra mondiale, è stato, pur con grande riluttanza, riconosciuto dal governo responsabile e, difatti, nel 2007 il premier Shinzo Abe formulò una richiesta di scuse ufficiali a tutte le schiave della prostituzione coinvolte e ancora vive in quel momento. Durante il dopoguerra le donne riuscirono a farsi sentire di nuovo e a riaffermare i propri diritti, ne è un esempio il diritto di voto ottenuto nel 1946. Dopo questa prima vittoria iniziarono ad essere guardate con occhi diversi e la loro importanza e il rispetto crebbero sempre di più, in paallelo alla crescita esponenziale dell’ economia giapponese; le donne, appunto, cominciarono sempre di più ad andare a scuola e a lavorare fuori casa, anche se con mansioni di minor responsabilità rispetto agli uomini, cosicché la società si fece via via meno incentrata sul maschilismo, più aperta al modello di vita occidentale.

Attualmente il Giappone è uno dei paesi più moderni e innovativi al mondo in fatto di economia, la seconda maggiore al mondo per qualità della vita ed educazione; nonostante ciò, sul piano della parità, di genere è ancora molto arretrata, al punto che molte donne decidono di rinunciare al lavoro per prendersi cura della famiglia, in particolare per aiutare i figli e il marito ad eccellere nell’ ambito lavorativo; la donna viene così considerata un elemento di sostegno e viene inglobata nell’ ambiente casalingo, senza considerarla dotata di aspirazioni personali, ma completamente subordinata alle necessità familiari.

Sono frequentissime le molestie sessuali e gli stupri che vengono perpetuati ai danni di donne di qualsiasi età, testimoniati dalla presenza assidua di campagne di informazione e di prevenzione al punto da tenere separati i due sessi su vagoni di treni e metropolitane. In conclusione si può dimostrare che il Giappone, una nazione così all’ avanguardia su una moltitudine di aspetti, si riveli troppo legato al passato e incapace di tenere il passo a proposito di temi sociali e libertà individuali.

Articolo scritto da Sara Scotti

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