Dipendenza dai social: Mr X

TR20_novembre_1Cosa spinge un fumatore a spendere centinaia di euro all’anno per pagare la sua morte? Questo è solo un banale interrogativo, ma rispecchia le contraddizioni della natura umana quando si parla di dipendenza. La persona dipendente non può fare a meno di farsi male. Si tenga presente che la dipendenza non può mai essere considerata positiva: dipendere da qualcosa significa sempre perdere la propria libertà. Esistono svariate dipendenze, ma la più attuale è forse la dipendenza dai social.

Personifichiamola immaginando un piccolo uomo di nome Mr X, sorridente e amichevole che ci appare tutto fuorché minaccioso. Eppure, ha i suoi difetti: è un po’ geloso, ma soprattutto necessita di costanti attenzioni. Mr X inoltre è magrolino, come un bimbo affamato, può quindi entrare nelle nostre vite senza farsi notare, e crescere se ben nutrito dal nostro affetto, fino a diventare più grande e forte di noi.

Parliamo di un caso di cronaca italiano che si collega al problema di Mr X.
25.05.15 Melito Porto Salvo (Reggio Calabria), è notte quando Patrizia Crivellaro viene uccisa con un colpo di pistola alla testa da distanza ravvicinata dalla figlia diciassettenne.
Soffermiamoci sul movente. La ragazza è accusata di omicidio premeditato per futili motivi. Perché avrebbe commesso il matricidio? Da quanto emerso dalle indagini, Patrizia sarebbe stata uccisa per aver privato la figlia di computer e smartphone, impedendole l’accesso ai social che occupavano ore della sua giornata, ore che la ragazza avrebbe dovuto passare sui libri.
Per comodità, diamo alla protagonista della vicenda un nome di invenzione: Eva. Mr X entra nella vita di Eva influenzandola notevolmente. Potremmo dire che la ragazza ha una vera e propria “vita” parallela sui social. Chatta e condivide foto in cui imita la sua eroina preferita dei fumetti Manga, la sexy Jinx. Mr X ormai è grande come lei: non più un bimbo affamato, bensì parte integrante del suo essere.

I social network sembrano aiutare chi non è soddisfatto della propria vita, dando la possibilità di essere chi e cosa si desidera. Essi sono giochi di apparenza dove una persona è solo quello che posta nel proprio profilo. C’è anche chi si spaccia per qualcun altro, creando i cosiddetti profili “fake”.
Questo ci riporta ad un clamoroso caso in cui il cyberbullismo si è rivelato fatale: è il caso di Amanda Todd. Amanda si toglie la vita bevendo candeggina, dopo anni passati assumendo antidepressivi. La ragazza frequenta la seconda media quando conosce un uomo su una video chat: egli la convince a mandargli sue foto in topless, foto che faranno il giro del web. In seguito Amanda diverrà anche vittima di bullismo fisico, e sarà costretta a fuggire ripetutamente dai pregiudizi sulla sua persona. Entrerà nel vortice dell’autolesionismo e della depressione. È nei suoi ultimi giorni che pubblica su YouTube un video che farà diventare virale la sua storia: My Story: Struggling, bullying, suicide and self harm. È un video di denuncia contro l’uso dei social network a scopo denigratorio ed esercizio del bullismo.
Mr X attacca la ragazza in due differenti sensi. L’uomo (35 anni) è sotto la sua influenza, e possiamo paragonare Amanda a Patrizia, poichè entrambe sono vittime della debolezza di altri. La ragazza canadese, però, ha in prima persona un rapporto con Mr X, perchè ripone spropositata fiducia nei social.

Le due storie sono diverse, ma legate da una presenza: Mr X. Cos’altro hanno in comune? Le protagoniste sono due adolescenti, fra i 15 ed i 17 anni. E’ questo il dato preoccupante: i giovani dipendono sempre più da ciò che riguarda la tecnologia e una socievolezza intesa dietro ad uno schermo. Sicuro che la loro propensione verso la tecnologia li renda capaci di dominare il futuro, in un mondo in cui ormai tutto si controlla mediante l’uso di apparecchi elettronici e programmi. Non possiamo però dire che ciò sia positivo per i rapporti interpersonali, che rischiano di tramutarsi in una fredda serie di chat. Guardiamoci intorno: ogni adolescente è legato al suo cellulare e sembra perso quando non lo può utilizzare. A fine lezione intorno a noi vediamo solo ragazzi con la testa china sul proprio smartphone, lo stesso accade in ogni altro luogo. È come se un Mr X fosse dietro chiunque possegga un apparecchio in grado di collegarsi ad internet: a dirgli di dargli retta, dargli affetto, dargli la vita. Chi scrive ha un piccolo Mr X al suo fianco, che forse potrebbe crescere, ma vorrebbe suggerire di provare a trovare il coraggio di alzare la testa mentre si cammina per le strade, guardare negli occhi della gente e accorgersi che c’è di meglio attorno a noi.

Articolo scritto da Giorgia Farronato

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