Chi vuol esser lieto sia: di domani non v’e’ certezza

TR03_gennaio_01“Ti dirò un segreto, una cosa che non insegnano nei templi. Gli dei ci invidiano. Ci invidiano perché siamo mortali, perché ogni momento può essere l’ultimo per noi. Ogni cosa è più bella per i condannati a morte[..]e tu non sarai mai più bella di quanto lo sei ora! Questo momento non tornerà.” Fin da Omero venne introdotto nella letteratura e ,in generale, nella concezione universale della storia dell’uomo, la nozione del trascorrere del tempo che inevitabilmente rende la vita un possesso prezioso e fugace destinato a scorrere via “vita transcurrit” (Seneca). Così, per un necessario ordine naturale, la vita di ogni essere vivente attraversa delle fasi in ognuna delle quali sono nascosti attimi di gioia infinita che dopo essere stati trovati e messi insieme la rendono degna di essere vissuta. Ma si può stabilire o trovare un’età, uguale per tutti, durante la quale l’uomo vive il maggior numero di attimi d’infinita gioia? Attingendo alla letteratura greca di età arcaica con il poeta Mimnermo o alla letteratura rinascimentale con, per esempio, il poeta Poliziano o persino ascoltando alcune delle canzoni più popolari dell’età contemporanea come “Forever Young” di Beyoncè troviamo che la giovinezza è descritta o cantata come l’età più bella della vita. Ma cosa la rende così preziosa? La vita inizia con la giovinezza e in genere la parte iniziale di ogni cosa è sempre la migliore. Ma è la cosa in sé ad essere migliore o è il nostro approccio ad essa ad essere migliore? Forse la seconda. Infatti pieni di entusiamo e ottimismo iniziamo a leggere un libro scelto soltanto in base alla sua copertina per esempio, o c’iscriviamo in palestra o compriamo fiori e piante nuove per il nostro orto domestico. Ma col passare del tempo il libro non ci piace più anche se ha la stessa copertina di quando lo abbiamo comprato, la palestra diventa troppo pesante e l’orto troppo impegnativo per coltivarlo ogni giorno. Questo è più o meno ciò che succede nella giovinezza. Con l’ingenuità, il coraggio e la speranza di un uomo che non ha e conosce niente ci mettiamo alla ricerca di qualcosa da conoscere e possedere fiduciosi di trovarla nel prossimo futuro. Franz Kaftka attribuì alla capacità di vedere la bellezza la vera causa della preziosità della giovinezza ,infatti scrisse: “la giovinezza è felice perché ha la capacità di vedere la bellezza. Chiunque sia in grado di mantenere la capacità di vedere la bellezza non diventerà mai vecchio”. Per molti le altre due fasi della vita sono le età dei sogni infranti, delle promesse non mantenute, delle illusioni svanite e della consapevolezza che la realtà non è come sembra e probabilmente per questo la giovinezza è ritenuta “l’eta eternamente felice”. Ma non è sempre così. George Bernard Shaw sosteneva che la “giovinezza fosse sprecata per i giovani: è la persona matura che meglio sa come utilizzare una ricca vitalità”. Interessante è la riflessione di Mark Twain secondo il quale “la vita sarebbe infinitamente più felice se nascessimo a ottanta anni e ci avvicinassimo gradualmente ai diciotto”. Durante la vecchiaia infatti, descritta da Alekos Panagulis come “un piacere, una gioia che tutti dovrebbero provare”, l’uomo diventa più attento e consapevole della realtà, durante la giovinezza invece l’uomo vive e basta. Ma un’età escude un’altra? Cioè un uomo adulto non può più essere giovane o un uomo giovane non può essere vecchio? Alphonse Allais rispose così:” Mi è impossibile dirvi la mia età: cambia tutti i giorni”. La verità, in conclusione, è che non esiste un’età che contiene più o meno attimi di infinità gioia ma bisogna “omnes horas complectere” ossia valorizzare ogni istante della propria esistenza prima che essa fugge via. “chi vuol essere lieto sia: di domani non v’è’ certezza”.

Articolo scritto da Luana Foti

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