Chiudi gli occhi e apri la bocca

TR07_febbraio_1Che ne direste se vi invitassi a mangiare uno spiedino di cavallette? E se invece vi offrissi delle formiche arrosto? Sembra un menu adatto ad una strega delle fiabe, ma potrebbe diventare la nostra quotidianità nell’immediato futuro. A dirlo è la FAO alla ricerca di risorse sostenibili per un mondo in continua espansione. Infatti entro il 2030 la popolazione mondiale arriverà a contare nove miliardi di persone e l’esigenza di uno sfruttamento consapevole e sostenibile delle risorse ha spinto sempre più non solo ricercatori, ma anche cuochi e media, verso questa direzione.

Sembra strano che questo interesse si sia sviluppato soltanto negli ultimi anni, quando nel mondo sono già più di due miliardi le persone che mangiano abitualmente insetti e più di 1900 le specie edibili, numero che con i nuovi studi continua a crescere. All’idea di trovare un insetto nel nostro piatto nessuno di noi farebbe salti di gioia, anzi: ristoranti vengono chiusi proprio per questo motivo. La ragione è di carattere esclusivamente culturale e deriva dal fatto che percepiamo buona parte degli insetti se non come minaccia, di certo come fastidio: di qui la nostra ripugnanza, che non ha spiegazioni scientifiche o razionali. Il comportamento che l’occidente assume di fronte agli insetti dipende dalla mancanza di dimestichezza con essi e dall’associare l’entomofagia ad un comportamento primitivo, mentre essa è considerata del tutto normale in molte zone tropicali, ma anche in Cina, Giappone e Messico. Insomma, parliamo di differenze culturali che ci fanno arricciare il naso, ma una volta accettato il fatto che le nostre abitudini (qui si parla di quelle alimentari, ma il discorso è senza dubbio più ampio) non siano superiori, saremmo davvero in grado di conformarci e di sperimentarle davvero, di persona?

Dal punto di vista razionale, i vantaggi che deriverebbero da un consumo di insetti sono molteplici e non trascurabili. Per prima cosa, essendo animali a sangue freddo, hanno un alto Indice di Conversione Alimentare, il che vuol dire che sono molto efficienti nella trasformazione di alimenti in peso corporeo. In parole povere, per fare aumentare di 1 Kg la massa di una mucca servono circa 24 Kg di cibo, mentre perché un gruppo di insetti cresca di 1 Kg ne sono necessari mediamente solo 1,5 Kg. O ancora un allevamento di insetti produrrebbe pochi gas serra e poca ammoniaca e potrebbe essere alimentato da biomasse di scarto, degradando in questo modo anche i residui organici. I vantaggi comunque non si fermano alla fase di produzione, poiché gli insetti sono altamente proteici e contengono nutrienti paragonabili, o a volte addirittura superiori, a quelli della carne e del pesce.

Tra le prelibatezze che potete trovare in giro per il mondo ci sono i bruchi di Imbrasia in Congo, venduti essiccati nei mercati e importante fonte di proteine e ferro, ma anche le larve di punteruolo della palma, consumate sia in Asia che in Africa, o ancora le particolarissime formiche vaso di miele, consumate in Messico e dagli Aborigeni australiani, nonché pregiata fonte di zuccheri.

Del resto tra i cibi per noi più pregiati (dove quel “noi” sottintende la cultura europea) ci sono molluschi e crostacei, che appartengono allo stesso Phylum degli insetti; per molte altre popolazioni tra gli alimenti raffinati e costosi prendono posto invece centinaia di specie di insetti. In ambito di abitudini culinarie parlare di rispetto non è abbastanza, perché verrebbe a coincidere con una passiva “accettazione”, ma al di là del couscous e del sushi –ormai diventati una moda– in quanti sarebbero pronti a fare un ulteriore passo avanti nell’impervio cammino della multicultura e a dire “Oggi, per pranzo, bruchi al vapore”? Potrà sembrare un aspetto secondario e trascurabile, ma è uno dei passaggi che possono fare la differenza nel vederci, chiamarci, sentirci uguali.

Articolo scritto da Giulia Coppi

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