Disperazione e speranza: la tenacia dei Saharawi

Saharawi_refugee_women_with_flour_in_Dakhla,_AlgeriaE’ sorprendente come una storia possa assurgere a paradigma di un’intera epoca, diventa incredibile se questa storia è sconosciuta ai più.

In pieno deserto corre un muro, uno dei tanti muri che separano umanità da altra umanità. Siamo in Africa e ad essere divisi  sono due lembi del Sahara Occidentale. Alcuni considerano questa terra una regione, altri uno stato: dipende da che parte del muro si guarda. Per chi sta ad ovest, infatti, siamo nelle Province Meridionali del Marocco, per chi sta ad est nei territori della Repubblica Araba Saharawi Democratica. “Questione di punti di vista, questione di confini”. No. Questione di uomini, questione di popoli.

La separazione nasce quando, in seguito al ritiro delle truppe coloniali spagnole, il Marocco occupa il Sahara Occidentale, costringendo la maggior parte dei Saharawi alla fuga nel deserto. Seguono anni di tenace resistenza, che si concludono solo nel 1991. Il risultato è appunto il muro o, come dicono i diplomatici, il “berm”, che in Olandese significa “terrapieno”. Di questo infatti si tratta: lunghe dune di sabbia e rocce, filo spinato e fossati per un totale di 2600 chilometri di lunghezza. A renderlo invalicabile sono postazioni, bunker e torrette dell’esercito marocchino, ma soprattutto milioni di mine rimaste dalla guerra che rendono l‘area una delle più pericolose al mondo. A destra del muro il deserto, arido e inospitale per miglia. A sinistra, invece, città popolose, risorse minerarie, un mare pescoso e ricco di petrolio.

Per incontrare il popolo Saharawi oggi bisogna andare nel sud dell’Algeria. E’ qui che da più di quarant’anni vivono in esilio, in tende e case di mattoni di sabbia. Sono profughi, decine di migliaia, parte anche loro di quel grande fiume di uomini che si sposta da un luogo all’altro del mondo in fuga dalla guerra. Se si possono ritenere fortunati è solo perché la solidarietà internazionale arriva persino qui, nei campi dimenticati nel deserto, solo perché per chi costruisce i muri c’è anche chi li abbatte. Sui volti dei Saharawi, avvolti nei coloratissimi copricapi tipici delle tribù berbere, si mescolano disperazione e speranza: vivono ormai da tempo in condizioni difficilissime, eppure mai hanno smesso di credere nel ritorno. Dopo quarant’anni ancora si sentono un popolo unito, ancora reclamano il diritto all’autodeterminazione e alla propria terra. La Repubblica Araba Saharawi Democratica, da quando è nata, non ha mai smesso di esistere. Il governo è affidato al Fronte POLISARIO ed è articolato in diversi ministeri, ha ambasciate all’estero e un proprio corpo diplomatico. La Repubblica è dotata anche di un esercito, nato durante la guerra contro il Marocco. Pochi uomini pattugliano incessantemente il territorio del Sahara Occidentale fino al muro marocchino, custodendo gelosamente una fetta di terra inospitale che è però tutto ciò che rimane della loro. Parate militari, esercitazioni e addestramenti: si fa di tutto per combattere la rassegnazione. Da qualche anno lottano contro un nuovo nemico, invisibile: il terrorismo. Gruppi jihadisti utilizzano la regione per spostarsi e reclutare nuove forze. E’ facile fare leva sulla disillusione di un popolo, e soprattutto dei suoi giovani, che faticano a vedere un futuro.

Nel 1991 il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha inviato sul campo la missione MINURSO con l’obiettivo di preparare un referendum sul futuro del Sahara Occidentale. Ad oggi, nel 2015, il referendum non c’è ancora stato. La Comunità Internazionale, bloccata da interessi di parte, nonché sollecitata da altre priorità, non riesce a trovare una soluzione. E i combattenti saharawi iniziano a convincersi che l’unica possibilità sia riprendere la guerra. Così, ancora una volta, l’umanità rischia di perdere un’occasione di pace.

Intanto, nei campi, i Saharawi siedono coi loro copricapi dai colori vivaci e forti, forti come il baluardo inamovibile della loro speranza.

Articolo scritto da Giacomo Righetti, Giulia Coppi, Eleonora Verucchi

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