Eutanasia – quando anche morire diventa un diritto

EutanasiaMolte persone la chiedono, per sé stessi, per i propri familiari, ma in Italia è ancora illegale; si può ricevere una pena che va dai cinque ai quindici anni nel caso in cui il malato abbia dato il suo consenso, mentre il suicidio assistito si ferma ad un massimo di dodici anni di reclusione.

È ormai assodato che molti la ritengono un’azione immorale, ma non bisogna mai dimenticare che ogni uomo ha diritto a mantenere la propria dignità e che non è una scelta che gli interessati fanno su due piedi, è invece una decisione ragionata che ha messo in conto tutti i pro e i contro della situazione in cui ci si trova.

Nessuno dovrebbe avere diritto ad intervenire in maniera così violenta nelle decisioni di una persona quando questa sta subendo un percorso che nessuno esterno alla situazione può capire; con la malattia si possono perdere molte cose, ma quando si perde l’indipendenza e l’uso del proprio corpo è giusto dare una scelta; una scelta sì, ma con le dovute condizioni, perché altrimenti verrebbero a mancare le motivazioni per cui questa viene data.

L’eutanasia potrebbe essere una soluzione solo nel caso in cui dopo una certa quantità di tempo un malato in coma non possa avere più possibilità di svegliarsi o nel caso in cui il malato sia arrivato ad un punto da essere dichiarato terminale e che il dolore fisico non sia più sopportabile nemmeno con i farmaci. Non bisogna dunque confondere queste situazioni estreme in cui può essere giustificabile l’eutanasia con il suicidio assistito o con ciò che fanno i così detti “angeli della morte”: nel primo caso è vero che c’è il consenso, ma viene eseguito per motivazioni differenti, come un dolore psicologico o l’incapacità del soggetto a reagire a certe situazioni di forte stress; il secondo caso invece è un omicidio puro e semplice e come tale va condannato.

Secondo la legge dunque anche l’eutanasia può essere dichiarata un omicidio mentre la religione Cattolica la ritiene un peccato mortale perché solo Dio può togliere la vita ad un uomo; ma come può un uomo messo in quella situazione reggere così tanti dolori? Ha già perso tutto, sta per perdere la vita e gli affetti, è doveroso concedergli almeno di morire come più desidera e non essere costretto ad una sola via solo per ostinazione di qualcuno che non dovrebbe avere voce in capitolo nelle ultime volontà di un uomo.

Non si vuole però affermare che questa sia la sola via, perché appunto è giusto dare una possibilità del genere, ma rimane il fatto che solo il malato può decidere e questo può scegliere sia di sfruttarla che non.

Sarebbe dunque corretto renderla una pratica legale ma particolarmente controllata, perché anche i medici devono poter decidere di essere di supporto oppure rifiutarsi. Vietare a priori è una violazione ai diritti, perché come ognuno ha diritto alla vita, ognuno ha anche diritto di mantenere la propria dignità di uomo e rinunciare ad essa.

Articolo scritto da Lucrezia Forte

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