E se Platone…

TR16_gennaio_1Ad Atene  nel 380 a. C Platone pubblica “La repubblica”, opera in cui è contenuto il mito della caverna, uno dei  più famosi miti filosofici della società antica: “Immaginiamo che vi siano degli schiavi incatenati in una caverna sotterranea e costretti a guardare solo di fronte a sé. Sulla parete davanti a loro, si riflettono le immagini di statuette che sporgono dal muricciolo alle spalle dei prigionieri e che raffigurano ogni genere di cosa. Non avendo la possibilità di voltarsi, gli schiavi sono portati a pensare che quelle ombre siano la sola realtà presente. In vero, dietro al muro si muovono, degli uomini che portano queste statuette sul capo e sul fondo della caverna brilla un fuoco che ne proietta le ombre sulla parete. Se uno di questi prigionieri riuscisse a liberarsi dalle catene, voltandosi si accorgerebbe innanzitutto della presenza del muro e del fatto che le statuette (non le ombre) rappresentano la realtà. Se, inseguito, riuscisse a risalire la caverna, scoprirebbe con ulteriore stupore un nuovo mondo. Dapprima i suoi occhi patirebbero per la luce intensa del sole, perciò cercherebbe di distinguere gli oggetti e di guardarli riflessi nelle acque. Solo in un secondo tempo, riuscirebbe a scrutarli direttamente. Di certo, capirebbe che la vera realtà non sta nemmeno nelle statuette, in quanto imitazioni di cose naturali e reali. Ovviamente, estasiato dalla scoperta di quel mondo superiore, vorrebbe rimanere sempre là a goderne. Tuttavia, il vero filosofo, dovrebbe ritornare nella caverna, provando nuovamente immenso dolore agli occhi, e annunciare la sua scoperta ai compagni, cercando di portarli alla luce del sole. E alla fine, i compagi infastiditi dal suo tentativo di scioglierli dalle catene e di portarli all’apertura della caverna, lo ucciderebbero” Con questo racconto  mitologico  Platone evidenzia  come la società non favorisca una conoscenza della realtà che non sia funzionale al controllo di se stessa, sottolineando una criticità forte dei sistemi sociali che ,  accentuata dalle enormi possibilità di controllo mediatico, si pone, oggi ancora di più, come soggetto di dibattito intellettuale. Se Platone  fosse vissuto nella  società contemporanea avrebbe forse scelto  per esprimersi il linguaggio filmico, considerando  certamente  tra le pellicole di interesse “The Truman Show”, film uscito in America nel 1998. Nella vicenda Truman Burbank,, un trentenne vitale ed energico, ignora di essere l’attore protagonista di uno spettacolo televisivo che ritrae la sua stessa vita, ripresa in diretta sin dalla nascita.  Dopo una serie di inconvenienti tecnici, Truman, spinto da un senso di estraniazione, capisce la verità. Arrivato alla fine del set cinematografico, Christof, il regista del programma, cerca di dissuadere il ragazzo ad abbandonare quella che è la sua vita. Truman, tuttavia, preferisce iniziare una vita grigia nel mondo reale, piuttosto che continuare una vita falsa all’interno del coloratissimo set. Il nostro antico filosofo  avrebbe condiviso anche  il soggetto di “Matrix”, pellicola USA del 1999, che ha  influenzato enormemente la produzione cinematografica successiva, con i suoi innovativi effetti speciali,  ma che si è fatto portatore  anche  di un profondo significato filosofico. Nella vicenda il protagonista, Neo, da qualche tempo vive assillato da interrogativi cui non riesce a dare risposte soddisfacenti,  viene contattato da Morpheus, un famigerato pirata virtuale ricercato da tutte le autorità: quest’ultimo infatti è convinto che Neo sia un uomo al di fuori dal comune, destinato a salvare l’intera umanità, interamente controllata, ormai da lungo tempo, dalle macchine. Esse, di cui inizialmente l’uomo si serviva, si sono ribellate e ora i ruoli risultano invertiti: le macchine sfruttano gli uomini per sopravvivere e ne traggono le energie necessarie. Nell’ambito delle percezioni, il mondo che  circonda la società umana è reale, ma nell’ambito della realtà, esso è una beffa, ogni cosa non è  che un’immagine virtuale, inviata dalle macchine per tenere  gli uomini schiavi. Il mondo intero è un programma (Matrix appunto), un inganno ordito dalle macchine dominatrici. Neo  in un primo momento non riesce a capacitarsene, ma decide ugualmente di aiutare Morpheus a liberare l’umanità dalle sue catene. Il legame tra questo film e il mito platonico è evidente. Neo rappresenta infatti l’uomo-filosofo che riesce ad uscire dalla caverna,  Matrix,  e a scoprire la vera realtà; egli accetta la realtà e torna per salvare gli altri uomini., pur  consapevole di un’umanità pigra e timorosa. Il potere dunque si basa su una realtà fittizia e, oggi come ieri,  la verità  fa paura agli individui: nella caverna platonica gli schiavi uccideranno il loro compagno ritornato tra loro a dire la verità.  Forse Platone, tornando a un linguaggio filosofico, avrebbe nel modo contemporaneo  fatto suo il pensiero di Noam Chomski che definisce come  settima regola della manipolazione mediatica  “Mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità: far si che il pubblico sia incapace di comprendere le tecnologie ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. “

Articolo scritto da Alessia Farigliani

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