Grazie a/ Per colpa di Dio siamo italiani!

TR12_febbraio_2Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello! (…) ora in te non stanno sanza guerra
li vivi tuoi, e l’un l’altro si rode
di quei ch’un muro e una fossa serra.
” con queste infelici parole il sommo poeta Dante Alighieri definiva la situazione italiana del suo tempo.

Sebbene siano passati più di settecento anni questi versi sembrano essere rappresentazione fedele dell’attuale situazione economica e politica del nostro Paese.

Notizia degli ultimi giorni è la polemica sollevata dalla ricercatrice Roberta D’Alessandro che indica lo stato come reo di mancato riconoscimento della meritocrazia e carenza di sostegno verso la ricerca scientifica.

Risaputo è, inoltre, che l’Italia è uno dei paesi europei con maggiore livello di tassazione.

Lo stato è sommerso non solo di imposte ma anche di continui tagli: sanità, istruzione, cultura, ricerca sono tra i principali ambiti colpiti dall’abbassamento dei finanziamenti statali utile a risanare (o almeno a provare a farlo) il famoso debito pubblico.

Quotidianamente tramite il notiziario apprendiamo di politici corrotti, di truffe anche milionarie, di raccomandati e di evasori, di malasanità e disoccupazione.

Alla grave situazione politica ad economica si aggiunge come immediata conseguenza la cosiddetta “fuga di cervelli”, giovani talenti nel campo scientifico e non, dopo aver completato la loro formazione universitaria si recano all’estero per lavorare e ottenere i riconoscimenti che in Italia gli sono ingiustamente negati.

All’estero diamo spesso un’immagine poco lusinghiera di noi, a volte perfino ridicola e sottomessa ma nonostante ciò gli stranieri continuano ad apprezzare la bellezza e il valore culturale del nostro Paese.

Si fa presto a lamentarsi, comodamente seduti sui divani nei nostri salotti, a giudicare ciò che è giusto e ciò che non lo è, a proporre strabilianti teorie risolutive, parlando tanto, troppo, senza però mai metterci davvero in gioco.

Quasi nessuno è disposto a far seguire i fatti alle parole, a mettere la classica goccia nell’oceano e a dare avvio al tanto agognato cambiamento a partire dalle piccole cose, dal quotidiano, delle nostre case poiché se vero è che l’anima di un paese non è il marmo dei palazzi governativi ma l’asfalto delle strade ognuno di noi, più di qualsiasi carica dello stato, ha il potere d’innescare una rinascita.

Chi di noi, se si facesse un sincero esame di coscienza nei confronti dell’Italia, non arrossirebbe di vergogna trovandosi di fronte ad un eroe del Risorgimento?

In occasione del 150esimo dell’unità nazionale Benigni disse a Sanremo che i partigiani “sono morti per l’Italia perché noi potessimo viverci”.

Risulta quasi comico pensare che ci furono genti disposte a donare la vita per risanare la propria patria oppressa e distrutta e noi, che abbiamo la pretesa di essere più evoluti degli uomini del passato, non solo abbiamo perduto quasi del tutto ogni tipo d’interesse per il nostro Paese ma ci vergognano addirittura di appartenervi.

Forse stiamo diventando proprio noi i primi a credere a quel luogo comune che vorrebbe l’Italia fatta solo di pizza, spaghetti, Colosseo e mafia ignorando la bellezza, il valore e le potenzialità del nostro territorio e sfruttandone in modo errato le risorse.

Migliaia di discorsi si potrebbero fare sui pregi e sulle problematiche dello Stato ma prima d’iniziare a dibattere su politica ed economia la domanda da porsi è una sola: cosa rappresenta per ognuno di noi l’essere italiani? Qualcosa di positivo che contribuisce a delinearci come persone, delle parole vuote impresse sulla carta d’identità o un demerito di cui vergognarsi?

Articolo scritto da Laura Forzese

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