Inalienabile felicita’

TR07_dicembre_1Il 4 Luglio 1776 venne approvata a Filadelfia la Dichiarazione d’indipendenza delle colonie d’America, con cui i delegati dei neonati Stati giustificavano la secessione dalla madrepatria. Tra gli inalienabili Diritti con la D maiuscola che vennero sanciti “la Vita, la Libertà e la ricerca della Felicità”. Soffermiamoci su quest’ultima espressione, in inglese “the pursuit of Happiness”: è apparentemente fuori luogo in un documento ufficiale e per di più in uno di tale portata, ma è allo stesso tempo rivoluzionaria. Non è il diritto alla felicità, si guardi bene, ma alla sua ricerca e in quanto tale si configura come un cammino individuale, una possibilità del singolo. Al di là dei pensieri dei filosofi, degli aforismi caustici di chi ha ormai smesso di credere quasi in tutto e delle immagini che di essa ci hanno lasciato i poeti ora non si tratta tanto di capire cosa la felicità sia, cosa significhi. È che comunque la intendiamo, essa non è un accessorio, una possibilità astratta e lontana, è a tutti gli effetti un diritto e come tale deve essere considerata: con  il rispetto che merita.

Con il mondo che tende a correre sempre più veloce e minaccia di superarci e lasciarci indietro, a volte ci si trova ad inseguire desideri di altri, sogni in cui non crediamo, perché abbiamo l’impressione che non ci sia il tempo di fermarsi a riflettere. Vediamo il fantasma della felicità nelle novità, confondendo a volte l’una con l’altra. Essere felici è diventato quasi un bisogno, rischiando di trasformare quello che i coloni americani avevano identificato come un diritto inalienabile in un dovere imposto dalla società, da altri al di fuori di noi.

C’è un altro aspetto molto importante da considerare ed è che la ricerca della felicità individuale era un aspetto rivoluzionario in un’epoca in cui il riflesso del pensiero illuminista privilegiava piuttosto il benessere collettivo. In epoca moderna, invece, l’individualità è fin troppo in primo piano e quando si tratta di raggiungere obiettivi si configura piuttosto nella sua degenerazione, che è l’individualismo. Questa è la critica di Umberto Eco, secondo cui la dichiarazione d’indipendenza doveva piuttosto sancire “il diritto-dovere di ridurre la quota d’infelicità nel mondo”.

Che la felicità sia un tema attuale e rilevante lo testimonia la decisione dell’ONU, che nel 2012 ha proclamato addirittura una Giornata internazionale della felicità. Il 20 Marzo è il giorno in cui pensare alla solidarietà, al benessere mondiale, alla felicità umana. Un giorno che andrebbe moltiplicato per 365. In mancanza di eroi mascherati che sconfiggano l’infelicità, limitiamoci a pensare questo: nonostante i dubbi di quel bambino-filosofo che è Charlie Brown, che quando Linus gli suggerisce di provare ad essere felice ci pensa un po’ su e chiede “Quali sono gli effetti collaterali?”, la felicità non ne ha.

Articolo scritto da Giulia Coppi

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