Italiano per inglesi principianti
“Scarso amore per la nostra lingua che rivela la scarsa attenzione ai temi dell’identità nazionale.”
E non si riferisce a petaloso. Per quanto il nuovo aggettivo coniato dal piccolo Matteo faccia aggrottare le sopracciglia a molti e possa essere definito dai più tradizionalisti come una forma di scarso amore per la lingua italiana, ahimè, ormai è ufficialmente parte del nostro vocabolario.
Quello a cui si riferisce l’Accademia della Crusca invece è tutta un’altra storia. Nata ormai un anno fa, #Dilloinitaliano è la petizione che si propone di abbattere tutti gli inglesismi che popolano la lingua italiana, quegli stessi vocaboli che “rivelano la scarsa attenzione ai temi dell’identità nazionale”.
C’è chi in ufficio si dà la mission di proporre uno step che esalti il brand e individui una location dove briffare i competitor e c’è chi, sempre nello stesso ufficio, ha l’ obbiettivo di proporre un passo che esalti il marchio e individui un luogo dove informare i concorrenti.
Inserire molti termini inglesi all’interno di frasi di per sé anche un po’ sgrammaticate o senza una vera logica dà senza dubbio l’ idea di essere grandi conoscitori dell’argomento, esperti interlocutori, possessori di ottimi skills. O forse è semplicemente una moda che spopola tra molti che l’ inglese non lo sanno bene.
Alcuni politici lavorano al jobs act e alla spending review ma quando si tratta di intervenire ad una conferenza internazionale gli sguardi imbarazzati dei presenti parlano. Ma non sono gli unici: l’Italia è al top per numero di lingue insegnate alle medie (il 98% degli adolescenti ne studia due e l’inglese è lingua obbligatoria dai 6 anni) ma solo 16 su 100 poi le sanno usare.
L’utilizzo sempre più frequente dell’ “itanglese” -la lingua italiana caratterizzata da un ricorso frequente di termini e locuzioni inglesi- riflette l’attitudine tipica degli italiani di volersi dimostrare migliori o più ospitali, forse. Magari è per questo che imbrattiamo la capitale con un logo che di italiano ha solo la parete su cui campeggia la frase “Rome & you”, giusto per accogliere turisti e vecchi amanti del latino spaesati, o promuoviamo la grande bellezza del paese con VeryBello, il sito creato dal Ministero della Cultura per Expo 2015.
Il bilinguismo, se così lo si può chiamare, va ben oltre computer, mouse, festival… che non hanno un’apparente traduzione, ma si insinua nella tradizione italiana minando valori ed impoverendo il paese proprio nel suo punto di forza: la cultura.
Quella di #Dilloinitaliano non è quindi una guerra contro l’inglese o le lingue straniere in generale, indispensabili oggi sia per il lavoro sia per aprire la mente a nuovi mondi e dimensioni, ma solo un modo per ricordare agli italiani che per ticket esiste biglietto, che fashion è moda e fitness attività fisica, parole limpide e comprensibili da tutti.
Solo italiano, quindi, per chi in inglese è un principiante o al massimo vuole evitare brutte figure a causa di pronunce troppo latineggianti. La lingua è la prima forma d’arte di un paese ed è perciò compito nostro farla ascoltare al mondo, in tutti i suoi giochi di parole e in tutta la sua musicalità senza paura. Non abbiamo niente da invidiare…né da nascondere.
Articolo scritto da Martina Padoan
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