“Le città invisibili” di Italo Calvino: un viaggio nell’assurdo

TR02_marzo_1Italo Calvino è stato uno degli scrittori più geniali e prolifici del ‘900; personalità di grande importanza artistica, politica e sociale, è stato soprattutto un grande ricercatore della verità, anche allontanandosi se necessario da schemi filosofici e letterari stabiliti.

Dopo essersi laureato in Lettere all’università di Torino, Calvino sin dai primi anni del secondo dopoguerra intraprese una carriera letteraria iniziando a lavorare presso la casa editrice Einaudi e seguendo le correnti del Neorealismo e del Postmodernismo.

Scrittore inesauribile, nel 1972 si cimentò con uno dei suoi romanzi più fantastici, surreali e riflessivi: “Le città invisibili” pubblicate dall’editore Einaudi e di cui, al momento dell’uscita, se ne parlò in numerosi articoli ed interviste.

Calvino ripercorse nel suo libro la storia di Marco Polo, il famoso viaggiatore veneziano del XIV secolo, che si spinse fino alla Cina percorrendo la via della seta. Lo scrittore immaginò con la sua mente geniale e fantasiosa le città incontrate e visitate da Marco Polo, ed è lo stesso protagonista che, nel racconto in prima persona all’imperatore dei Tartari Kublai Kan, parla di sé, dei luoghi visitati e delle persone incontrate.

Attraverso gli occhi e il racconto di Marco Polo, Calvino immagina e descrive ogni città collegandola a aspetti diversi dell’umanità: la città della memoria, la città del desiderio, la città della forma, la città duplice, la città sottile, fino alla città e gli occhi. Vengono descritte così cinquanta città, tutte con un nome femminile.

Calvino immagina che, sulle scalinate del grande palazzo di Kublai Kan, Marco Polo racconti all’affascinato imperatore le sue surreali e meravigliose narrazioni dei viaggi e dei luoghi visitati. Nell’immaginare di rivivere tutto ciò che Marco Polo gli racconta, l’imperatore riesce a percepire ogni città, e quindi ogni aspetto a essa collegato, e interiorizzando le sensazioni che Marco Polo gli trasmette, egli finisce per mettere in discussione l’essenza stessa dell’esistenza umana.

Kublai Kan, a un certo punto del racconto, arriva persino a pensare che le cinquanta città raccontate dal Veneziano siano alla fine una sola singola città, ovvero la patria di Marco Polo: Venezia.

La narrazione coinvolgente e unica di Calvino riesce a unire bravura stilistica, meravigliosa immaginazione e, nello stesso tempo, una razionalità intrinseca che porta il lettore a calarsi nella descrizione delle città surreali e fantastiche per un viaggio della mente in un mondo parallelo.

Le città sono definite “invisibili” ma non lo sono realmente, quantomeno lo sono solo per il mero senso visivo. Razionalmente non vedremo mai città come quelle descritte nel romanzo, non riusciremo mai a visitare una città/necropoli in cui non si sa più quali siano i vivi e quali i morti, non visiteremo mai una città costruita nel cielo, o una città che ogni essere umano vede in maniera diversa. Non vedremo mai tutto ciò con i nostri occhi cioè con il senso razionale, ma nel momento in cui riusciremo a vederle dentro di noi allora tutto diventerà reale.

Calvino, non solo in questo romanzo, dimostra la sua immensa arte letteraria nel far diventare reale ciò che non lo potrà mai essere.

Un importante messaggio che certamente Calvino vuole trasmetterci col suo racconto è che la nostra esistenza in questo mondo ci può offrire milioni di esperienze di vita, scelte continue, città da visitare, paesaggi da ammirare, amori e gioie da vivere, e quindi non bisogna mai fermarsi e  accontentarsi perché solo continuando a cercare si arriverà alla giusta meta. Questo messaggio si ricava perfettamente da una citazione di Marco Polo: “Se ti dico che la città a cui tende il mio viaggio è discontinua nello spazio e nel tempo, ora più rada ora più densa, tu non devi credere che si possa smettere di cercarla”.

La vita ci mette sempre di fronte a situazioni irreali e invisibili ai nostri occhi, bisogna solo chiuderli e vivere l’esistenza con le nostre vere sensazioni interiori, e a quel punto potremo costruire una città invisibile, la nostra città invisibile, che sarà però perfettamente visibile per noi.

È questo il grande lascito esistenziale dell’opera di Italo Calvino, il suo percorso razionale nel mondo immaginario e irrazionale per dare un senso alla vita, uno scopo e una destinazione.

Articolo scritto da Claudia Spagnolo

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