L’isola ci rende piu’ ricchi

TR09_dicembre_1Era il 1968 tra le rivoluzioni studentesche, la Primavera di Praga, la guerra in Vietnam e le note determinate e forti dei Rolling Stones. Ma era il 1968 anche per l’Isola delle Rose. Erano gli anni delle grandi proteste, delle rivoluzioni, del cambiamento, dei giovani. Erano gli anni delle grandi ideologie, della voglia di farsi sentire, di emettere grida di pace e libertà. L’Isola delle Rose non era semplice cemento e ferro, ma incarnava tutti quelli elementi che si aveva voglia di esprimere. Il suo status cambiava nel momento che rappresentava un’ideale di utopia, un sogno divenuto realtà. Una realtà che si pone come obiettivo di far diventare la nostra Isola un mezzo per diffondere ideali fondamentali. E’ proprio da una Rimini tranquilla, affascinante, caratterizzata per la dirompente presenza del mare, silenziosa e ricca di storie che si avvia il grande progetto. Una cosa fuori dal comune, misteriosa nella sua unicità, bella e pronta ad arricchire il mondo. E’ proprio questo che si propone come obiettivo l’ingegnere Giorgio Rosa, una piattaforma artificiale nel mare Adriatico in acque extraterritoriali. L’ingegnere Rosa aveva progettato l’idea di una creazione di uno stato indipendente, conferì all’Isola, infatti, un governo e una propria lingua ovvero l’esperanto. Una lingua che si collocava già come rappresentante di un’idea pacifica e fortemente umanitaria, che si prefiggeva il proposito di unire e di tracciare le linee generali di un futuro stato mirato a questo. Il suo stemma ritraeva tre rose rosse sbocciate e raggruppate in un mazzetto, ma se la rosa sbocciata è emblema della bellezza giovanile, quelle tre rose non potevano che impersonare la “filosofia” sessantottina. Lo spirito libero che vivacizzava l’Isola si riversava anche sulla “Radio Delle Rose”, attraverso la quale venivano trasmesse notizie che erano volte a caldeggiare l’informazione. La radio era l’icona di un giornalismo libero, volto a promuovere la cultura. Costituiva la ricchezza di una Rimini e abbatteva nel suo piccolo la disinformazione del popolo, attraverso un modo di divulgare che si proponeva essere il quadro prospettico di una forma di pensiero insabbiata nei dettami della libertà.

Forse fu la troppa libertà a destare scalpore, forse non si era pronti ad accogliere un’Isola della pace, forse la nostra bella Isola era giunta a regalarci l’idea dell’indipendenza, dell’autonomia e il cambiamento faceva rabbrividire. La paura spesso frena l’uomo rendendolo schiavo di una realtà che non riesce a stravolgere. In questo caso è così che viene stravolta l’Isola delle Rose. Il 26 giugno del 1963 l’Isola viene occupata e presto rimarranno soltanto i resti di una grande esplosione. Il fumo dell’esplosione recava con sé la distruzione di un progetto che significava speranza, che alitava un vento nuovo sulle onde del mare Adriatico. Eppure lo Stato italiano guardava questo scenario con occhi diversi. Ci si immaginava che fosse il progetto per la creazione di casinò, luoghi d’incontro o che ci fosse la presenza di sommergibili russi. Il tutto era stato ammantato da grandi enigmi.

Il ricordo dell’Isola è ciò che deve trattenersi nelle odierne e prossime generazioni, essa è emblema di rinascita. Il suo significato non muore con la sua struttura, la sua ideologia deve risiedere nella memoria della nostra nazione, nella memoria di ogni individuo e di ogni società. L’Isola diventa personificazione di giovani  pensanti, attivi, che si propongono come fine la promozione di una cultura nobile e bella, che non lascia spazio alla violenza, alla guerra e che spazza via lo scenario di un mondo che crolla, che si frantuma.

L’Isola ci rende più ricchi.

Articolo scritto da Chiara Boscarello

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