L’utilità dell’inutile

TR01_febbraio_3Per definizione, è utile tutto ciò che serve o può essere utilizzato per determinati fini. Il cibo è utile, i soldi anche. E la cultura? Sicuramente non si mangia e neanche può essere spesa. Eppure, quando nel XXVI canto dell’Inferno dantesco Ulisse esclama «fatti non foste a viver come bruti// ma per seguir virtute e canoscenza», nessuno dei suoi compagni osa disertare. Ulisse non promette né cibo né denaro ma semplicemente la conoscenza, un bene tanto prezioso quanto pragmaticamente inutile.

A questo punto verrebbe spontaneo chiedersi quanti di noi seguirebbero Ulisse in un mondo dell’hic et nunc in cui la grave crisi economica, le esigenze del mercato e la richiesta di competenze tecniche costringono a ritenere del tutto accessorie e trascurabili le competenze offerte da determinate discipline. Però, cosa c’è di più mervigliosamente inutile di ascoltare una sinfonia di note o di contemplare un’opera d’arte? Nulla. Anche se, se il metro è l’efficienza, tutto ciò che non produce perde valore. Tuttavia, come afferma Umberto Eco, «avere una cultura significa saper fare i conti con la storia e con la memoria.» Ciò significa che l’umanità sta perdendo la memoria e in questa “dimenticanza” si possono riscontrare le cause del degrado del nostro mondo, perché se non si sa da dove si viene non si sa neanche dove andare. E questo l’Isis l’ha capito meglio di noi, non è un caso infatti che alle stragi abbia deciso di affiancare la distruzione di monumenti che rappresentano la Storia dell’umanità. Un pozzo di petrolio è indiscutibilmente utile. Ma quando il petrolio sarà finito quel pozzo perderà ogni significato e ogni utilità, rimarrà semplicemente una voragine vuota, una fra tante. Ma se l’Isis si fosse impossessata di un pozzo di petrolio, per difenderlo si sarebbero mobilitate tutte le principali potenze mondiali. Quelle stesse potenze che hanno assistito indifferenti alla distruzione di Palmira, nonostante fosse unica e irripetibile. Il suo valore sarebbe stato un «possesso perenne» (per dirla alla maniera tucididea) per l’intera umanità. D’altronde la bellezza o il valore di un qualsiasi oggetto, se autentici, non possono essere corrosi dal tempo né tantomeno esaurirsi. Qualcuno ha mai messo in discussione la bellezza di un tramonto? No, perché anche se lo si guarda un’infinità di volte, l’ultimo avrà sempre qualcosa di diverso e irripetibile rispetto ai precedenti. Kant sosteneva che il bello per antonomasia è senza concetto, senza interesse, senza scopo e universale; più semplicemente: il bello è bello e basta, a prescindere dalla sua utilità. Poco importa se la lettura dell’Odissea non ti insegna una meccanica serie di gesti utilissimi e pragmatici, ti avrà insegnato l’inutile ma incommensurabile valore dell’amore di Penelope per il marito, il desiderio di Telemaco di conoscere il padre. Per i gesti standardizzati ci sono le macchine, ma noi non siamo macchine che non pensano, siamo uomini e le macchine le abbiamo inventate noi proprio perché pensiamo. Anche se il nostro esigente mondo postmoderno non ha bisogno di pensatori ma semplicemente di strumenti di produzione immediata, tutti noi siamo chiamati a riscoprire l’utilità dell’inutile. D’altronde, come dice Vecchioni, «il greco non serve a niente, certo, ma serve molto meno la persona che non lo legge e che non lo conosce perché non ha capito l’utilità dell’inutile, anzi la bellezza dell’inutile. Non si vive solo di utile».

Articolo scritto da Flavia Di Silvestro

Stile: 2
Originalità: 1
Messaggio positivo: 3
Cogitabilità: 3

Commenti
Back to Top