Mauthausen. Un luogo. Un dramma. Un monumento per non dimenticare

Mauthausen 250x250Il Campo di concentramento di Mauthausen, è stato un lager nazista eretto nel 1938 in cima a una collina sovrastante la piccola cittadina di Mauthausen, nell’Alta Austria.

Anche se considerato come semplice campo di lavoro, fu in realtà un campo di annientamento attraverso il lavoro. È un luogo di sterminio e di sofferenza, che ricorda il male che è stato fatto ad altri esseri umani solo perché alcuni credevano di essere superiori.

I principali deportati nel campo di Mauthausen, identificati con triangolini cuciti sui vestiti di diverso colore, erano prigionieri politici,  zingari, omosessuali,  criminali,  testimoni di Geova, ebrei. All’interno di ogni triangolino vi era una lettera che indicava il paese di provenienza.

Questi prigionieri, non appena entravano nel campo, perdevano tutto, dagli affetti personali alla loro identità e perfino il loro nome veniva sostituito da un numero marchiato sul loro corpo.

I deportati vivevano in baracche troppo piccole per il gran numero di persone che dovevano contenere e tutt’altro che igieniche. Vicino ad esse era situata una cava di granito. Era qui che la maggior parte dei deportati era costretta a lavorare, tutto il giorno, tutti i giorni, in condizioni disumane. L’unico collegamento tra la cava e il lager era la “via di sangue”, il cui primo tratto era composto dalla “Scala della morte”, formata da gradini in pietra e affiancato dal “Muro dei paracadutisti”. Questo di fatto era un vertiginoso strapiombo roccioso sfruttato dalle SS per gettare i prigionieri che non portavano massi abbastanza grandi e quelli che non erano più in grado di reggere l’enorme sforzo fisico a cui erano sottoposti.

Prevedendo la fine del III Reich, si progettò di ammassare tutti i deportati nelle gallerie di Gusen ed Ebensee e farle poi saltare con dinamite. Il lager di Mauthausen, il 5 maggio 1945, fu raggiunto dall’Armata americana.

Così lo abbiamo immaginato prima di visitarlo: «Immagino quel vasto campo di torture per uomini onesti fatto di mura alte, solide e piene delle sofferenze e del dolore di esseri perseguitati per cause ingiuste.

Immagino il filo spinato che circonda il perimetro del campo di concentramento, che faceva ricordare a tutti quelli che c’erano rinchiusi che non potevano scappare e che erano destinati a morire. Immagino un luogo imperscrutabile all’esterno per nascondere tutte le ingiustizie e il dolore che avveniva all’interno, dove le migliaia di ebrei, zingari e omosessuali vivevano ammucchiate in piccole stanze, dove non potevano lavarsi, dove erano diventati magri come grissini a causa del poco e malsano cibo che gli davano.

Bambini, uomini e donne che morivano a causa di malattie e infezioni o per colpa delle camere a gas, mascherate dai tedeschi come semplici docce, o a causa dei duri lavori che gli facevano fare.

Allo stesso tempo immagino come possa essere ora: tenuto bene come un museo, pulito dalle sofferenze, come se si volesse cancellare il dolore fatto, ma l’aria ancora impregnata di quell’odore di morte e sterminio che forse non lascerà mai quei luoghi.

Immagino grandi sale adibite a esposizioni di oggetti personali e a foto toccanti, che riguardano quello che è accaduto in quei luoghi, illuminate da luci soffuse per suscitare in chi le vede pena e sofferenza.

Immagino un luogo triste e grigio che suscita molte emozioni in chi lo visita e in particolare un posto che fa pensare alla vita e a quello che potrebbe accadere se il diritto a essa venisse violato.»

Poi la realtà ha superato il sogno e l’ha reso indimenticabile. PER NON DIMENTICARE.

Articolo scritto da Maria Francesca Petraccia e Ludovica Straccia

Stile: 8
Originalità: 7
Messaggio positivo: 8
Cogitabilità: 8

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