Radice profonda dell’identita’ di un popolo

TR04_gennaio_3Immaginiamo ogni paese o città come un universo in cui tutto ruota attorno ad un sole: la piazza.

Concepito dagli antichi Greci come fulcro della vita cittadina, essa nel corso del tempo ha assunto ruoli sempre differenti, quasi fino a perdere il suo valore.

L’agorà nasce come luogo di incontro in cui discutere, confrontarsi e prendere decisioni per la vita quotidiana della città stessa, luogo in cui dar voce al proprio pensiero e divulgarlo, non soltanto in ambito politico ma anche culturale.

È qui che si assiste a spettacoli di vario genere e ci si riunisce durante le principali festività di un paese ancorato alle antiche tradizioni che permettono alla piazza di mantenere ancora il suo ruolo, quello di radice profonda dell’identità di un popolo che tale non si riconosce quasi più.

Se il XXI secolo viene spesso identificato come il secolo del progresso, d’altra parte un regresso interiore ha colpito gli uomini di tutte le età, anche se principalmente i giovani, esso ha visto infatti lo sviluppo di una società sempre più distante dalla realtà e ancorata ad un mondo in cui è più facile comunicare e trovare opinioni comuni, un mondo che pertanto viene identificato come ”luogo comune”, ossia il mondo di Internet o delle TV.

Afferma Escobar ne ” Il Sole 24 ore”: <<Con la fine della tivù generalistica finirebbe la nostra maggiore e per ora unica opportunità d’avere una piazza capace di accomunarci>> affermazione che possiamo ribaltare affermando che una piazza in cui possa nascere un discorso condiviso muore nel momento in cui nasce la tivù, promotrice di stereotipi e modelli da seguire che svalutano sempre maggiormente un uomo che piuttosto che identificarsi in quanto tale, cerca di formare un corpo unico con la massa all’interno della quale è diventato difficile distinguere individui.

A tv spenta, quando si abbandonano le mura di casa, raramente lo si fa per recarsi nelle piazze, ormai luogo adibito al consumo di hot-dog, alcolici e sigarette nel fine settimana da parte dei giovani; si preferisce piuttosto visitare centri commerciali che si avviano a diventare una vera e propria piazza, secondo l’opinione di G. Porro e C. Sasso che danno voce a questo pensiero in un articolo de La Repubblica del 30 gennaio 2005.

Sarebbe rivoluzionario rivalutare la piazza e ricondurla al suo ruolo di partenza, quello di fondamento e ricchezza della democrazia, luogo di scambio di opinioni e confronto di idee attraverso il dialogo, ormai abbattuto dalle chat e dai social, un luogo in cui riconoscersi uguali in quanto cittadini di uno stesso paese a prescindere dal grado di cittadinanza, un luogo di apprendimento attraverso spettacoli, conferenze ed eventi culturali da sostituire agli show televisivi, << un luogo mentale, una radice profonda della nostra identità>>.

Articolo scritto da Ylenia Sangiorgio

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