Un “epitaffio” a quattro zampe

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Ricordo ancora la prima volta che ti ho vista. Stavi attaccata alla parete della tua gabbia e non eri la più vivace. A dirla tutta eri anzi la più asociale. In mezzo a una confusione pazzesca e a un ambiente dal cattivo odore, tu eri lì, ferma e tremante. Per curiosità ti ho guardata e dentro di me ho riso: eri piccolissima, non avevi macchie, se non quelle che ti coloravano di un marrone sbiadito le orecchie, e avevi degli occhi grandi e fuori dalle orbite. Ti ho presa in braccio e tu hai smesso di tremare. Ti sei addormentata sulla mia mano e mi hai fatto sentire un brivido che valeva più di una dichiarazione d’amore. Il giorno dopo eri a casa mia, con la mia famiglia e tutti gli amici. Ti avevamo dato il nome di una canzone di Vasco Rossi che ci faceva sognare. Sei cresciuta poco e non hai mai brillato per intelligenza o bellezza. Eri di una razza splendida ma non eri di certo la più carina. Mi hai sempre ricordato la protagonista de “La casa degli spiriti” di Isabel Allende, Clara la chiaroveggente. Non che tu avessi poteri soprannaturali, figuriamoci, ma hai sempre guardato tutti con uno sguardo divertente e acuto, come se tu già sapessi tutto. In fin dei conti, però, sei sempre stata una bambina. Eri diventata la cocca di papà e mamma, eri la sorella più piccola, eri la causa di tanti litigi e di tanti disastri, eri il motivo per cui si doveva tornare a casa presto dopo scuola. Passava il tempo e tu restavi sempre uguale: non invecchiavi mai e sembrava che tutto si fosse fermato. Ricordo come fosse ieri quando hai ritrovato la collana di perle della mamma che aveva perso nel viale per tornare a casa. Il solo pensiero mi fa sorridere, dal momento che è stata una delle poche volte che sei stata in grado di usare il fiuto in maniera utile. Ovviamente non si possono omettere tutte le volte che sei stata bersaglio di numerose battute a causa dei tuoi occhi che crescevano a dismisura e diventavano sempre più storti col passare del tempo. Ma in un nuvoloso giorno di fine gennaio il sogno che credevo si stesse trasformando in realtà si è rivelato un incubo. Sei giorni prima avevi compiuto quattro anni. La sera prima ti avevano scattato una foto mentre facevi finta di suonare il pianoforte della nonna. Ma la mattina dopo con grande veemenza il dio greco Thànatos si è scagliato su di te e ci ha privato di affrontare il sogno di una vita insieme. Come Clara la chiaroveggente, ci hai lasciato in pochi attimi, senza soffrire. Spesso mi domando perché sia successo e soprattutto se fosse stato possibile evitare che l’anta di quell’armadio ti crollasse di peso sull’osso cervicale. Non trovo risposta. Ti lascio una sorta di encomio funebre. Non c’è bisogno di essere Tolomeo II Filadelfo per ricevere un saluto e un ricordo. Molto probabilmente per me sei stata più di quello che fu il re egiziano per Callimaco. Malgrado non resterà nella storia e non verrà tramandato ai posteri come “sommo esempio di poesia encomiastica”, le mie parole attraverseranno la zolla di terra che ti ricopre e manterranno il legame perpetuo che il mio cuore ha creato con il tuo.

Articolo scritto da Beatrice Tranquilli

Stile: 3
Originalità: 2
Messaggio positivo: 2
Cogitabilità: 1

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