Silenziare il silenzio

TR20_novembre_2Tutti noi sappiamo cos’è accaduto. Non c’è quasi bisogno di dirlo. 6 attentati durante la stessa notte, tutti nell’arco di 40 minuti. Obiettivi un teatro, uno stadio,  un ristorante e altri luoghi comuni, dove la gente vive la vita di tutti i giorni. Non più un attacco a coloro che osato ridere del profeta, ma terrorismo puro, con il solo scopo di creare paura e tensione. Un attacco al cuore dell’Europa, per generare confusione e rabbia. 120 anime perdute, almeno il triplo ferite, tutto solo per scombussolarci. E io non so cosa scrivere. Ma vorrei farlo. È così che affronto la paura, ordinandola con l’inchiostro. Ordine e informazioni, prima, poi opinioni. E così cerco pure di fare un favore ai miei lettori. Come ogni buon giornalista, dopotutto.

Ma ormai cosa mi resta da scrivere? Io ho visto, tutti hanno già parlato di politica, di storia, di società, di “Islamici bastardi”, di cultura, di ipocrisia occidentale, perché in Libano è stato colpito da una tragedia simile e siamo apparentemente colpevoli di soffrire di più per i nostri vicini di casa che per qualcuno che dista da noi centinaia di chilometri di terra e cultura. Potrei effettivamente fare questo, contestare chi ci chiama ipocriti! Ma dò una rapida occhiata a Youtube, e vedo che qualcuno lo ha già fatto. Decine, centinaia, migliaia di parole sono già state dette e scritte. A me cosa resta? Certo, la mia opinione, come tutte, è solo mia e personale, ma risulterebbe ormai un mero collage di altre. E mi trovo così: voglio scrivere, so pure cosa scrivere, ma so che scriverei con parole usate, compositore di melodie ridondanti. Allora non mi resta che fare una cosa. Guardare a tutto questo inchiostro versato e chiedermi: ma non ci staremo consumando, con queste ondate di opinioni? E questa tragedia, a forza di erigerci intorno muri di testo, è ancora visibile? Non dico ovviamente che non se ne dovrebbe parlare, è un imperativo discuterne, trovarne cause, effetti, implicazioni e soluzioni, che qua sta scoppiando una bella guerra. Ma, per un solo breve attimo, non sarebbe meglio smettere di leggere, scrivere, comporre, dipingere, insultare, predicare, pure informare, e zittirci? Lasciamo che questi filtri cadano. Dimentichiamoci il perché e il percome, basta pensare e basta parlare. Questi omicidi sono stati un rumore di rottura. Un quadro che cade nella notte, squarcio improvviso. Proviamo a non soffocarlo tra le opinioni. Provate, su. Riuscite a sentirlo senza i muri, privo delle parole dette? O non riuscite proprio a slegarlo dai discorsi avvolticisi intorno? Allora pensate: forse non avete, non abbiamo, troppa paura per lasciare risuonare gli spari?

Articolo scritto da Marco Filippin

Stile: 2
Originalità: 1
Messaggio positivo: 1
Cogitabilità: 2

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